PER UNA NUOVA UE - Considerazioni preliminari

La caduta del comunismo, l’ascesa della Cina come potenza economica e politica, la tendenza verso un tripolarismo a livello globale (con esclusione dell’Europa) che sostituisce l’antico bipolarismo tipico del secondo dopo guerra, impongono una rivisitazione degli equilibri mondiali e quindi anche del modo in cui gli Stati europei affrontano le relazioni internazionali.

Dobbiamo, per sopravvivere non schiacciati da questo assedio, tendere ad imporre un quadripolarismo USA, Cina, Russia, Europa.

Allo stesso tempo, occorre riprendere e fortificare il concetto di interesse nazional che si manifesta in due direzioni. Interessi nel confronto dell’Italia con gli altri Paesi e con la stessa UE. Interesse dell’Italia all’interno delle dinamiche e delle politiche europee. Abbandonare, in altri termini, lo spirito di sottomissione e di tremebondo vassallaggio nei confronti della UE, espresso da un lato dallo slogan “l’Europa lo vuole” dall’altro dalla supina accettazione di qualsiasi interpretazione in malam partem la Commissione o la Corte compiano nei nostri confronti.

La crisi sanitaria del COVID e quella politico militare della Ucraina hanno mostrato da un lato l’inefficienza dell’attuale modello della UE, e per converso l’efficienza, per non dire la indispensabilità, di politiche comuni in alcuni settori della vita politica, però sul presupposto imprescindibile che alcuni di essi che impongano in identici i interessi degli Stati membri della Unione e che non possano essere soddisfatti se non viribus unitis.

Muovendo dalla critica all’attuale modello, si possono enucleare alcune criticità strutturali.

  1. Il trattato di Lisbona ha esteso le competenze della UE soprattutto sotto il profilo normativo e, conseguentemente, sotto quello amministrativo. Anche se propriamente gli organi della UE non esercitato attività di amministrazione attiva (ancora di competenza degli Stati Membri), di fatto questi ultimi hanno perduto gran parte della loro sovranità anche nell’amministrare. Ciò a causa dell’estremo dettaglio delle così dette direttive (ormai quasi tutte self executing) nonché della competenza giurisdizionale della Corte europea non solo sulle leggi degli Stati (in punto di conformità al trattato) ma anche sui comportamenti degli Stati e dei singoli, con un tipo di giurisdizione sostanzialmente amministrativa estesa al merito. Di fatto l’UE si è trasformata in una organizzazione razional costruttivista e al contempo interventista. La tutela del mercato interno e il raggiungimento degli obbiettivi della concorrenza e della necessaria parità di trattamento tra i membri, hanno, di fatto, condotto a una estesa regolamentazione non solo dei fatti economici, ma anche di gran parte delle situazioni quotidiane e minute che incidono sui comportamenti e le attività ordinarie, oltre che su interessi fondamentali delle persone, quali la sicurezza, la salute, la regolazione delle attività economiche, sino a spingersi, sempre sotto l’egida delle pari opportunità per tutti gli stati nell’ottica del mercato interno, a regolare minuziosamente problematiche quali la sicurezza degli impianti anche privati (ascensori, scale mobili, impianti di riscaldamento), la limitazione della potenza degli elettrodomestici, l’imposizione di misure di sicurezza per gli autoveicoli, la regolazione della circolazione dei mezzi, la misura delle nettarine e delle banane etc. E’ una ottica non tanto di perseguimento del benessere dei cittadini, quanto di regolazione della produzione e del mercato, spesso influenzata, da singoli Stati egemoni, verso le realtà produttive e tecnologiche delle proprie imprese. In sostanza si può paradossalmente affermare che una organizzazione nata con spirito e finalità liberali, si è trasformata in uno degli Stati più interventisti e regolatori conosciuti.

La invocata tutela di interessi fondamentali dei cittadini (quali l’ambiente, la protezione dei consumatori, i trasporti la sanità pubblica) è di fatto sfruttata per imporre regole alla produzione e alla offerta che contrastano con la sbandierata “economia sociale di mercato fortemente competitiva”, che è uno degli escopi fondamentali del trattato (art. 3, co. 3).

Ciò determina, per altro, pesanti administrative burdens sulle imprese europee che non reggono la concorrenza dei Paesi extraeuropei.

  1. Sembra, quindi, che una prima riforma debba riguardare esattamente le competenze legislative della UE con la soppressione delle competenze esclusive, concorrenti e di sostegno (art. 3, 4 e 6 TFUE) e con la secca virata verso una Unione esclusivamente politica.

In particolare una riflessione va condotta sulla competenza di regolazione della concorrenza, che si è evoluta verso una vera e propria regolazione dirigista del mercato interno attraverso vincoli all’offerta. La concorrenza va meglio tutelata con l’attribuzione alla autorità Antitrust europea di più incisivi poteri simili alla Antitrust USA, limitatamente alla concorrenza transfrontaliera, lasciando alle autorità antitrust nazionali, la regolazione e vigilanza sulla concorrenza all’interno dello Stato membro.

La linea guida della riforma dovrebbe essere quella di concentrare la funzione della UE in un ambito eminentemente di politica generale, per la tutela di interessi realmente comuni, cioè scaturenti dal soddisfacimento di identici bisogni interessanti tutti gli Stati, che non può esser realizzato se non attraverso una gestione comune di mezzi e risorse. In questa ottica si collocano coerentemente quindi le competenze nel definire le politiche;

  • Estera nei confronti dei centri di potere politico militare dello stesso livello (USA, Cina, Russia)
  • Militare, sino alla costituzione di un esercito comune o di forme di coordinamento in caso di intervento o altra formula organizzatoria che però metta in comune risorse e mezzi;
  • Monetaria (ma non bancaria con riflessi interni agli stati che devono mantenere il totale controllo del proprio sistema bancario);
  • Sanitaria limitatamente agli eventi continentali (pandemie, catastrofi, guerra) anche con riferimento all’approvvigionamento comune di farmaci;
  • Di cooperazione giudiziaria, con esclusione di qualsiasi ingerenza nella legislazione, negli affari penali e organizzativi dei singoli Stati);
  • Dei trasporti, inerenti le reti intraeuropee;
  • Dell’approvvigionamento e stoccaggio delle fonti di energia e delle loro reti di trasporto intraeuropee;
  • Della tutela dello spazio di ibera circolazione interna e dell’immigrazione;
  • Della protezione dei dati anche mediante la conservazione della Autorità europea per la tutela della riservatezza con competenza sulle questioni transfrontaliere.

Limitate competenze legislative possono permanere per la regolazione dei rapporti tra gli Stati membri e tra questi e l’UE in funzione della attuazione e rispetto delle politiche decise, con funzione quindi limitata alla attuazione del trattato tra gli Stati.

Un apparato giudiziario può essere mantenuto per la decisione di tali controversie nonché di quelle nascenti dalla interpretazione e applicazione del trattato e delle politiche comunitarie decise. In funzione cioè di organo di garanzia del trattato. Come anche per la tutela delle persone nelle materie realmente comuni indivisibili come la libera circolazione di persone, la tutela dei dati e della riservatezza a livello transfrontaliero e l’immigrazione.

Va quindi esclusa ogni attività regolatoria con conseguenze amministrative caratterizzando così l’UE solo nella sua attività di definizione delle politiche nei settori segnalati, e quindi sopprimendo le competenze così come ora individuate nei citati articoli.

  1. Per la realizzazione di un simile modello lo strumento più idoneo è la Confederazione di Stati o Stato confederale. Come è noto questo modello di Stato è caratterizzato dal mantenimento inalterato della piena indipendenza e sovranità di ciascun Stato confederato. La confederazione è sostanzialmente un’alleanza tra Stati, per perseguire, soprattutto in campo internazionale, scopi comuni mediante apposite istituzioni.

La UE si caratterizza per essere un soggetto internazionale ibrido tra Stato Federale e stato Confederale. Molto si avvicina allo lo Stato federale. Infatti, gli Stati UE hanno ceduto ampie fette di sovranità. In primo luogo quella monetaria, in secondo luogo quella legislativa e normativa in genere, a somiglianza del rapporto tra legislazione statale e federale in uno Stato federale. D’altro canto, lo stato federale è un’unione di diritto interno fra enti sprovvisti di personalità internazionale. A differenza di questo, i singoli Stati europei mantengono invece la personalità di diritto internazionale pur perdendone alcune facoltà (come ad esempio quella di stipulare accordi commerciali con Paesi extra UE con i quali sia stato negoziato un accordo da parte della Unione). Vi sono quindi tratti propri dello Stato federale, ma anche della Confederazione. Questa, infatti, è un’unione di diritto internazionale fra Stati indipendenti e sovrani ed appunto i membri della UE non hanno abdicato in toto alla loro sovranità, soprattutto non con rispetto al diritto internazionale.

Questa commistione di modelli, unita alla mancanza di una costituzione e quindi alle scarse garanzie nella procedura di definizione della legislazione comunitaria, hanno da un lato paralizzato l’Unione sullo scenario internazionale, dall’altro hanno indotto un modello scarsamente democratico tradendo in pieno il principio della sussidiarietà verticale pur enunciato solennemente dal trattato.

La confederazione di Stati costituisce un soggetto di diritto internazionale soltanto se l’attività degli organi confederali concerne i rapporti internazionali ed è riferibile alla confederazione come ente distinto dagli Stati membri. I campi di elezione tradizionale dell’attività politica delle Confederazioni sono sempre stai la sicurezza, la difesa e la politica estera. L’evoluzione dello scenario globale ha però ampliato il campo delle necessità comuni indivisibili al settore sanitario, dell’energia, dei trasporti, della protezione dei dati e della cyber security dinanzi ad attacchi informatici, divenuti, a ben vedere, un vero e proprio strumento di guerra da cui difendersi con un “esercito virtuale” digitale.

  1. Per ultimo non minore considerazione deve assumere l’abbattimento drastico dei costi dell’UE, sia per i membri sia per le imprese. Infatti, questa riforma avrebbe la conseguenza, quanto alle spese di funzionamento, di più che dimezzare l’apparato burocratico. Quanto alla eliminazione della attività regolatoria, la soppressione della asfissiante regolazione europea abbatterebbe per tutti gli Stati i costi del doppio livello di regolazione (direttiva e recepimento) mentre la restituzione al mercato della capacità di autoregolarsi (che sarebbe in realtà la filosofia del libero mercato abbandonata dalla attale UE per forme dirigiste) abbatte drasticamente i costi amministrativi delle imprese oggi elevatissimi.
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“Libertà va cercando ch’è si cara, come sa chi per lei vita rifiuta”
(Dante Alighieri - canto I vv. 70-72)
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