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BUROCRAZIA E RILANCIO - 24-05-2020
2020, FORMICHE.NET

BUROCRAZIA E RILANCIO - 24-05-2020

Pubblicato sui Formiche.net il 24 maggio 2020

Ennesimo déjà-vu: tutta colpa della burocrazia!

In occasione della crisi economica da pandemia, si affronta l’ennesima riforma della burocrazia per eliminare i così detti administrative burdens, i costi burocratici.

Sino ad oggi, le c.d. “riforme” sono state concepite da numerosi “esperti”, i quali normalmente non sono mai entrati nel back stage di una pubblica amministrazione e non hanno mai nemmeno partecipato alla formazione delle regole burocratiche. Le mirabolanti soluzioni partorite, di solito, sono state: semplificare gli adempimenti burocratici, ridurre i passaggi, reingegnerizzare processi amministrativi, utilizzare in maniera sempre più massiccia gli strumenti informatici. Sono soluzioni superficiali, in parte tautologiche, in parte già battute, che non toccano la sostanza e l’origine del fenomeno. La conseguenza è che, sino ad oggi, esse sono regolarmente fallite come si evince dal fatto che il peso della burocrazia tende ad aumentare e non a diminuire. Esse, infatti, hanno seguito una logica interna al medesimo processo burocratico e non hanno inciso sulle cause che sono esterne. In queste note prescinderemo da soluzioni interne, sia pure impellenti come la riforma del reato di abuso d’ufficio o la ridefinizione della colpa grave, per considerare i fattori causali del disastro burocratico e le soluzioni strategiche.

La burocrazia viene da lontano

Non ostante che il termine “burocrazia”, sia stato coniato intorno al 1750 dall’economista francese V. de Gournay, individuiamo una burocrazia negli Stati sin dai primordi della storia conosciuta. Ludwig von Mises (Burocrazia, 1945, rist. 1962, forse il più lucido e acuto studioso del fenomeno) ci ricorda che ciò è inevitabile nel momento stesso in cui, relativamente a un settore o un’attività della società (o a fortiori per l’intera vita sociale come nei regimi totalitari), lo Stato abbandona una visione “di mercato” dei rapporti tra i consociati, cioè un sistema in cui i bisogni e gli interessi singoli e quindi privati trovano uno spontaneo equilibrio sotto l’egida della legge, abbracciando viceversa una visione collettivista e interventista centralizzate, in nome di interessi non più dei singoli, ma propri della collettività che perciò diventano pubblici. Diversamente dalla società di mercato, che è fondata su uno sviluppo a-teleologico, un ordine spontaneo che si realizza in un processo costante affidato alle scelte individuali, la società collettivista è interventista perché teleologica. Fondata sulla apodittica pubblicizzazione di determinati, fini ne assume la gestione in maniera intenzionale, vale a dire finalizzata al raggiungimento di una meta prefissata e pretende di raggiungere il risultato con un metodo razional-costruttivista (von Hayek) cioè imponendo norme, leggi, regolamenti che pretendono di cambiare la realtà.

Lo strumento cardine per far ciò è ovviamente il burocrate. I meccanismi spontanei propri della società di mercato sono sostituiti dalla organizzazione burocratica, che cancella l’autonomia individuale e procede verso l’obbiettivo pianificato a monte.

Indissolubile dalla pubblicizzazione di settori della vita sociale, il burocrate è un “funzionario”. Egli agisce in funzione di un interesse altrui (della collettività), incarna cioè un munus. Il suo compito è rispettare e far rispettare le norme di comportamento per raggiungere gli obbiettivi pubblici che la Politica ha individuato. La sua figura è, quindi, ineliminabile in un ordine sociale nel quale emerga un interesse collettivo alla cui soddisfazione anche le attività private devono cedere

 

Una realtà razional costruttivista

Proprio perché ci muoviamo in un mondo fuori della realtà della società aperta, in una realtà “forzata” creata artificialmente dalle norme razional-costruttiviste, in assenza di meccanismi di adattamento spontaneo, si rende necessaria una sovrabbondanza di norme minute di comportamento, per regolare in primo luogo le attività dei cittadini, che non deviino dal percorso ipotizzato a tavolino dal Legislatore; in secondo luogo regolare gli adempimenti dei burocrati, che siano fedeli agli indirizzi politici, che non si facciano corrompere, che non giochino una partita in proprio, atteso l’enorme potere che, gioco forza, è stato loro attribuito.

Il punto, in realtà, non è come il burocrate gestisca questo potere in un determinato settore o attività, se cioè in maniera corretta o con fenomeni di trade off a proprio vantaggio, con procedure semplici o complesse. Il punto è che tutte le azioni dei soggetti della società aperta, cittadini e imprese del settore o attività, divengono finalizzate all’interesse pubblico e non sono più libere. Sono invece sottoposte alle regole e al controllo del burocrate, tanto più invasivo quanto più il motore immobile del sistema, cioè la Politica, abbia deciso la pervasività della regolazione e del controllo statuali. La complicazione e la numerosità degli step burocratici sono dunque indirettamente predeterminate dalla Politica che le induce, predisponendo a monte le condizioni e gli obiettivi anche secondari dell’azione pubblica. Esse non sono decise arbitrariamente dal burocrate, e la opinione contraria è frutto di un equivoco sulla comprensione delle conclusioni cui è pervenuto Max Weber.

Il rispetto delle regole conformative del comportamento dei cittadini, non è affidato ai meccanismi spontanei e automatici della società aperta, perché essa ne è estranea, ma alla burocrazia espressione del potere.

La conseguenza di questo terrificante miscuglio di pubblicizzazione di attività un tempo libere, di forzatura dei meccanismi della società aperta verso obbiettivi che essa non si è data, della mole sempre più complessa di norme burocratiche, tanto più numerose, quanto più in dettaglio si scenda a regolare i comportamenti, è inevitabilmente un ginepraio dal quale uscire non è difficile, ma semplicemente impossibile.

La rete neurale della burocrazia

Nella realtà virtuale della burocrazia, cosa che spesso sfugge agli “esperti”, vi è un meccanismo che definirei di interazione esponenziale. Ogni adempimento burocratico è legato, come in una rete neurale tridimensionale, a un numero indefinito di nodi, cioè di altri adempimenti, dai quali dipende o sui quali incide. Eliminare un nodo (la famosa semplificazione) non elimina gli altri nodi anzi nella maggior parte dei casi crea dei “buchi” nel sistema innescando circoli viziosi, e rimandi reciproci all’infinito. Nessuno è in grado di conoscere sino in fondo la rete neurale della burocrazia. Così come nessuno ha mai sciolto il nodo di Gordio, solo Alessandro, non a caso il Grande, ne è venuto a capo, con un colpo di spada.

Si deve poi ricordare che essendo la burocrazia un fenomeno legato alla esistenza di una organizzazione che si autoassegna scopi specifici, la burocrazia pubblica incontra e si sovrappone alle burocrazie private (tipico esempio è la commistione con il sistema burocratico bancario) costruendo gineprai inestricabili.

Concludendo su un primo punto, non possiamo non accettare che per perseguire un obbiettivo collettivo sia necessario un minimo di apparato e di procedure burocratiche, ma la visione omnicomprensiva e dirigista della società introduce un numero sproporzionato di obbiettivi che definisce pubblici e ciò incide notevolmente sulla quantità della burocrazia e a cascata sulla qualità del rapporto burocrazia/cittadino che finisce con identificarsi nel rapporto autorità/libertà.

Gli obbiettivi collettivi

Il problema è costituito da quante e quali siano questi obbiettivi collettivi. L’incidenza e il controllo sulla vita sociale si ampliano e si approfondiscono più che proporzionalmente alla quantità di obbiettivi e interessi che, per così dire, passano dal catalogo privato a quello pubblico. Le procedure amministrative divengono così sempre più complesse e invasive perché il loro fine non è più solo quello di risolvere un problema, ma quello di tenere sotto controllo e dirigere i meccanismi sociali. I progetti tipo App-Immuni sono paradigmatici a tal proposito.

Semplificare (qualunque cosa voglia dire questo verbo incerto) non serve a nulla. Occorre eliminare, non semplificare, le procedure burocratiche e ciò si raggiunge solo invertendo la tendenza alla costruzione di una società dirigista.

Ciò vale per entrambe le funzioni primarie dello Stato: quella di erogazione dei servizi (pubblici in senso stretto come i trasporti, ma anche la previdenza, l’assistenza sociale e sanitaria, i sussidi etc.) e quella di regolazione del mercato.

Nel primo dei tipi di azione pubblica, come le norme varate in occasione della pandemia dimostrano, si privilegia la logica dell’assistenza pubblica a fini redistributivi del reddito, anche nella organizzazione e gestione di servizi che per sé sono destinati a soddisfare esclusivamente interessi privati con strumenti presenti nel mercato. In altri termini, si gestisce con mezzi e mentalità pubblicistiche uno squisito bisogno privato regolabile dal mercato, del tutto dimenticando la forte componente diseducativa e l’ampio spettro di abusi ed elusioni che essa necessariamente comporta. Per combattere i quali un Legislatore costituito dai famosi “esperti” normalmente non trova di meglio che aumentare gli adempimenti burocratici di controllo, aumentando i problemi.

Una distorsione culturale propria della economia assistenzialistica vigente in Italia dalla fine della guerra, approccia il problema della crisi economica del singolo nel godimento dei servizi, da qualunque contingenza sia determinata, solo con misure pubblicistiche, che non si discostano mai dalla distribuzione a pioggia di piccole somme o dall’uso del prezzo politico. E’ il matrimonio perverso tra la logica della elemosina e quella del “a ognuno secondo i suoi bisogni” (non a caso usata da Marx ma anche: Atti, 4, 35).

Per quanto si è detto è conseguenziale, e ineliminabile, che i sussidi e la cassa integrazione siano erogati con mesi di ritardo oltre che a soggetti che non ne avevano diritto. Sarebbe assai sorprendente il contrario.

Una tale cultura non è neppure in grado, non che di ipotizzare, nemmeno di concepire che possano sussistere mezzi diversi per innescare meccanismi virtuosi alle medesime condizioni di deficit.

La regolazione del mercato

Nel settore della regolazione di mercato si raggiungono vette parossistiche di burocratizzazione perché ancora maggiore è il bisogno di regolare, controllare, costringere nei giusti binari l’attività della società, che subisce la regolazione ma non la condivide, e al contempo minuziosamente sovrintendere alla attività dei burocrati, ad evitarne la corruzione.

La questione centrale, quindi, non è eliminare o semplificare i passaggi burocratici, ma non creare le condizioni per cui avere bisogno della burocrazia.

I duecento miliardi del recovery fund innescheranno, se non si cambia logica, la sagra delle regole burocratiche. Sprecheremo risorse senza avere il risultato che si dovrebbe, distribuiremo denaro agli “amici” e agli “elettori” un un walzer vorticoso di norme, circolari, ritardi e burocrazia che ci affogherà.

La vera parola d’ordine, lo slogan se si vuole per affrontare il problema, è: liberalizzare.

Parole

Burocrazia, liberalizzare, liberalizzazione, semplificare, funzionario

TAG

Burocrazia, liberalizzazione

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(Dante Alighieri - canto I vv. 70-72)
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